interviste 2015

TRA LE ROCCE E IL CIELO 2015

 

ALPINISMO E SOLIDARIETA’ #4

Intervista a Kurt Diemberger.

Pioniere dell’alpinismo sia in Europa sia in Himalaya, Kurt Diemberger nasce a Villach, nella Carinzia Austriaca, e di recente si è trasferito a Bologna. Ha scalato due ottomila in prima assoluta, oltre ad aver aperto numerose vie nelle Alpi. È autore dei libri “Da zero a ottomila”, “Il settimo senso”, “Passi verso l’ignoto” e “Danzare sulla corda”. È anche stimato documentarista e cineasta: Durante la serata di sabato 22 agosto, avremo modo di vedere parti di alcuni suoi documentari e film realizzati in Nepal.

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LA SOFFERENZA MENTALE NELLA GRANDE GUERRA

“esistenze imbruttite o devastate dal conflitto”. Intervista ad Andrea Scartabellati

Andrea Scartabellati, di famiglia operaia, ha studiato Storia (Università di Trieste, 1999) e Scienze Antropologiche ed Etnologiche (Università di Milano Bicocca, 2014). Con una borsa pubblica ha svolto un semestre di perfezionamento all’estero (Université Paris X/Nanterre, 2000), conseguendo il dottorato di ricerca in Storia sociale presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia (2005). È autore e curatore di saggi e monografie dedicati alla storia della povertà e della follia, tra cui: L’umanità inutile (Angeli 2001), Intellettuali nel conflitto (Goliardica 2003), Prometeo inquieto. Trieste 1855-1937 (Aracne 2006), Dalle trincee al manicomio (Valerio, 2008), Fronti interni (Esi 2014).

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ALPINISMO E SOLIDARIETA’ #3

Intervista a Omar Oprandi

Nato a S. Pellegrino Terme in provincia di Bergamo, Omar è cresciuto con la passione per la montagna trasmessa dalla famiglia, che lo ha portato a diciott’anni ad entrare nel Soccorso Alpino Militare, diventandone istruttore. E’ alpinista con Montura, scialpinista e guida alpina. Il suo lavoro e la sua passione lo hanno portato in giro per l’Italia e il mondo, dalle Alpi Orobie al Monte Bianco, fino all’Himalaya.

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RACCONTARE LA GUERRA

Dalla memoria, lezioni per un futuro di convivenza. Intervista con Svetlana Broz

Cardiologa di guerra e attivista per i diritti umani, Svetlana Broz, nipote di Josip “Tito” Broz, è un fiume in piena. Dall’inizio del suo impegno come cardiologa di guerra nel 1992 al fronte fra Serbia e Bosnia, fino alla raccolta di testimonianze riguardo alla pulizia etnica e genocidio avvenuti in quegli anni, analizza con lucidità le cause della guerra, il modo in cui si è sviluppata, e la situazione attuale. Da questa ricostruzione, ne ricaviamo importanti lezioni, per l’Europa ed il mondo.

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L’URGENZA DELLA TESTIMONIANZA

Intervista alla blogger siriana Asmae Dachan

Asmae Dachan è una giornalista professionista e scrittrice italo-siriana. Nasce ad Ancona nel 1976, è madre di Khalil e Nur. Direttore responsabile del mensile marchigiano ML – Mondo Lavoro, è autrice e fondatrice del blog Diario di Siria. Attivista per i diritti umani è impegnata da anni nel dialogo interreligioso.

Per prima cosa qual è la tua storia di vita?

Io sono nata in Italia da genitori siriani, entrambi di Aleppo.

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ALPINISMO E SOLIDARIETA’ #2

Intervista a Luciano Rocchetti

La Provincia Autonoma di Trento, nel corso degli anni, ha migliorato le sua capacità di intervento a sostegno delle popolazioni colpite da calamità. In seguito alla tragedia del terremoto in Nepal, la Provincia si è mobilitata con una campagna di raccolta fondi e con stanziamenti pubblici. Luciano Rocchetti ci racconta come si sta intervenendo e quali progetti si ha in mente per il futuro di quell’area.

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ALPINISMO E SOLIDARIETA’

Intervista a Mario Corradini

Mario Corradini è, prima che un alpinista, un viaggiatore: uno scopritore di luoghi, persone e culture. Affezionato alle montagne del Trentino, ha però girato tutto il mondo nelle sue spedizioni: dagli Alti Tatra fra Polonia a Slovacchia, agli austriaci Alti Tauri, dalla Sierra Nevada in Spagna, Teide a Tenerife, Fogo a Cabo Verde, Pico nelle Azzorre, al monte Olimpo in Grecia, sul Kilimanjaro in Tanzania e sul Carihuayrazo e sull’Illiniza in Ecuador. Nell’autunno del 1992 partecipò alla Spedizione Internazionale Himalayana al Manaslu (8163 metri).

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RACCONTARE OGGI LA GUERRA

Intervista a Raffaele Crocco, ospite a Tra le Rocce e il Cielo

Molti la conoscono come volto del Telegiornale Regionale di RAI 3 ma pochi sanno che è stato anche inviato di guerra. Per quanto tempo lo ha fatto e in che luoghi ha lavorato? 

Ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Messico, Guatemala, in Palestina e Kosovo, a partire dagli anni ’90. In verità, io non mi definirei un reporter di guerra, ma un viaggiatore che ha incontrato molte guerre e le ha vissute.

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GIORNATA DEDICATA ALL’OM SELVADEG

Conferenze, laboratori, proiezioni, degustazioni, spettacoli: Gigi Zoppello racconta

Gigi Zoppello è vice caporedattore del quotidiano L’Adige di Trento. Scrittore, poeta, amante della montagna e del camminare, nel tempo libero si occupa di eventi culturali, letteratura e poesia. È ideatore e direttore artistico del festival Quotapoesia.

Sua l’intuizione di dedicare e sviluppare una giornata del festival Tra le Rocce e il Cielo 2015 attorno alla figura leggendaria dell’Om selvadeg.

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INTERVISTA AL COROU DE BERRA

Ospite della sera del venerdì 21 agosto di Tra le rocce e il cielo

Il Corou de Berra lavora e sperimenta con la tradizione del canto polifonico delle Alpi meridionali. Fondato quasi per gioco nel 1986, il coro è diventata una delle realtà più attive del panorama musicale nizzardo. Il gruppo ha prodotto numerosissimi dischi, centinaia di concerti, ricerche e collaborazioni artistiche, tra le quali quelle con Francis Cabrel, André Ceccarelli, Antonella Ruggiero, Gianmaria Testa e il compositore Étienne Perruchon.

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Profughi e internati trentini in Italia

Due sedicenni nella Grande Guerra

“ATTENTI ALLE AUSTRIACHE! Storia di Oliva e Fannj internate in Italia” nasce dall’esigenza di restituire memoria a una storia che è poco conosciuta: quella dei profughi e internati trentini in Italia. La vicenda di Oliva e Fannj è quella di tanti altri ragazzi, donne e anziani, che hanno vissuto da civili la guerra.

Se il filo della vicenda è tessuto e tenuto insieme dalle due giovani, lo spessore della storia viene dato da un tipo di teatro di prosa ibrido: tra teatro di narrazione, teatro d’ombre e d’oggetti.

Autrice dello spettacolo, Maria Giuliana d’Amore è l’unica attrice in scena ed usa stratagemmi e effetti scenici, per moltiplicarsi e impersonare più personaggi che fa dialogare fra loro.

Spettacolo drammatico e ironico. Lo spettatore segue e si incanta e sorride e si commuove.

Raccontare una storia di guerra e sofferenza richiede conoscenza dei fatti e sensibilità. Da dove nasce l’esigenza di questo impegno? L’idea dello spettacolo?

Ho scoperto che Angelica Zanghellini, la mia bisnonna materna di Villa Agnedo, era stata in Sicilia durante la Prima Guerra Mondiale. Me lo disse mia madre, ma non sapeva spiegarmi il perché. Mi ha incuriosito questa notizia e ho iniziato a leggere, studiare prima saggi poi moltissime lettere e i diari depositati all’Archivio di Scrittura Popolare, presso il Museo Storico in Trento. La mia bisnonna, come molti altri trentini era stata profuga di guerra in Italia. Mi sono appassionata poi alla storia di due ragazze, entrambe nate in Trentino – Tirolo nel 1899, che furono internate nel Regno d’Italia, perché ritenute pericolose e sospette austriacanti. Mi è venuta quindi l’idea e il bisogno di dare voce alle loro vicende. Le ricerche e lo studio di queste storie di civili in guerra sono durate molti mesi, e solo dopo questo lavoro è stata possibile  una prima stesura del testo teatrale.

Lo spettacolo che vedremo, ripercorre fedelmente le vicende di due giovani ragazze trentine costrette a vivere la guerra. Come si è documentata?

Escludendo la quantità di lettere mandate da e verso il fronte e quelle dei profughi e internati in Austria-Ungheria, mi sono comunque trovata di fronte una grande quantità di scritti, lettere soprattutto. I trentini mantenevano i legami familiari e d’affetto, inoltre raccontavano della loro situazione drammatica a persone che avrebbero potuto intercedere per loro presso le autorità – per esempio all’irredentista trentino Giovanni Pedrotti. Mi sono documentata sull’argomento leggendo saggi, ma anche chiedendo informazioni a storici; preziosi sono stati i consigli e i racconti di Quinto Antonelli, storico e archivista presso la Fondazione Museo Storico in Trento. Il diario, trascritto, di Oliva Cristoforetti mi è stato fornito da Mario Peghini, bibliotecario di Avio.

Come tratta del tema dei profughi e internati trentini in Italia nello spettacolo?

Attraverso le vicende delle due ragazze si riesce a immaginare una situazione più ampia e condivisa. Durante ogni guerra vengono coinvolti i civili e nei territori di confine ancora di più. I diari delle due ragazze non raccontano soltanto le situazioni drammatiche che hanno dovuto affrontare, mese dopo mese fino al 1919, ma anche e soprattutto il loro stato d’animo. La testimonianza storica dei sentimenti di questi trentini, le loro frasi piene di passione, mi hanno aiutata molto nel cercare di tornare indietro nel tempo e mettermi nei loro panni per dare spessore e verità alla mia interpretazione.

Quali sono i linguaggi artistici utilizzati?

Sono da sola in scena ad impersonare diversi personaggi; che si differenziano con cambiamenti di voce, costumi diversi o piccoli stratagemmi inventati durante il lavoro di messa in scena. Si può dire che è uno spettacolo di prosa, commisto di teatro di narrazione, d’ombre e oggetti.

“Attenti alle austriache!” verrà rappresentato, in occasione del festival, nel Forte di Pozzacchio appena restaurato - una delle più importanti fortificazioni realizzate dall’esercito dell’Impero austroungarico lungo il confine con il Regno d’Italia. Quale contributo darà allo spettacolo quest’ambientazione così ricca di storia?

Penso che un’ambientazione così particolare, essendo un luogo legato alla memoria della Grande Guerra, faciliterà la partecipazione sia dello spettatore che mia. Darà sicuramente un peso diverso al testo dello spettacolo, soprattutto quando i protagonisti sono in pensiero per i parenti al fronte e poco si immaginano di quell’orrore.

Quale vorrebbe che fosse il messaggio lasciato dal suo spettacolo?

E’ una storia che almeno noi trentini dovremmo conoscere e deve essere ricordata. Non ci sono più le persone che l’hanno vissuta direttamente, ma ci sono ancora i ricordi che vengono trasmessi e gli scritti sopravvissuti al tempo. Mi hanno toccato: queste vicende e le ingiustizie, l’assurdità che portano con sé. Se questo territorio di confine è stato travolto da lacerazioni e battaglie parallele alla Grande battaglia, penso allora che se ne debba parlare, ascoltando tutte le voci, anche quelle di quei tanti che, per esser nati in quel tempo e sotto quella corona, hanno sofferto e sono stati colpiti nei loro affetti più cari, alle volte da entrambi gli schieramenti nemici. A Borgo Valsugana, ad esempio, per due mesi i due eserciti nemici occupavano e si ritiravano dal paese alternandosi, tanto che gli abitanti al mattino si chiedevano: “Ancoi sonti talgiani o sonti todeschi?”.  E’ chiaro che la maggior parte dei trentini di allora aveva delle sicurezze, tra cui quella di appartenere all’Impero Austro-Ungarico, e delle convinzioni, che non sono quelle che hanno le generazioni di trentini nati dopo il 1919. Lo spettacolo non andrebbe guardato con gli occhi del tempo presente! Ciò che voglio raccontare è la storia dell’esodo e dell’internamento di queste due ragazze molto forti e coraggiose.

Un mix di linguaggi artistici per parlare di diserzione

Intervista a Paolo Fanini 

Parla di diserzione nella Grande Guerra “I crocevia delle coscienze, storia di un disertore”. Un tema difficile, che diventa il filo di una narrazione che pur rispettando il rigore storico dei dati, cerca di andare incontro alle sensibilità e alle conoscenze delle generazioni attuali.

Una rappresentazione che si sviluppa utilizzando più linguaggi artistici, attraverso un’impostazione che ha contraddistinto diverse messe in scena già realizzate precedentemente da Paolo Fanini, ideatore e autore dello spettacolo. I linguaggi utilizzati – film, parola, musica, danza, coralità alpina -  sono funzionali ad interpretare i diversi piani narrativi, in un’intersecazione di linguaggi continua, che contribuisce a tenere viva la tensione narrativa.

Da dove nasce il desiderio di scrivere e rappresentare, in occasione del centenario, “Il crocevia delle coscienze”, uno spettacolo che mette in scena il tema della diserzione?

L’idea dello spettacolo nasce dal desiderio di voler raccontare un fenomeno spesso poco considerato, sebbene abbia avuto una certa rilevanza. A partire dai libri di storia, la diserzione è sempre stato considerato un tema marginale, quasi un effetto collaterale della guerra. Invece, anche in termini di numeri, la fuga dalla postazione al fronte ha avuto una portata considerevole, non solo in Italia ma anche in tutti gli altri eserciti, in modo trasversale; basti pensare che in Italia in quegli anni ci sono stati 160 mila processi per diserzione, di cui 100 mila si sono conclusi con condanna a morte, con esecuzioni avvenute attraverso fucilazione o addirittura con esecuzioni sommarie sul campo di battaglia, senza nemmeno un processo.

Come tratta di questo tema lo spettacolo che vedremo in scena?

Il tema viene trattato attraverso la narrazione delle storia di un soldato dell’epoca che decide di disertare per motivi legati alla sua coscienza, accettando così di andare incontro ad un elevato rischio. Il soldato che diserta è consapevole di poter rimanere ucciso a causa della sua scelta, ma decide ugualmente di intraprenderla. La vicenda viene raccontata attraverso una narrazione su più piani.

Quali sono i linguaggi artistici utilizzati?

Sono molteplici e si intersecano tra loro in continuazione, contribuendo a tenere viva la tensione narrativa. Prima di tutto c’è la musica, eseguita dal vivo da un gruppo di cinque musicisti tra cui spiccano le voci di Elisa Amistadi e di Gianluca Tocco. In scena poi ci sarà anche il Coro Pasubio di Vallarsa che eseguirà sia brani del proprio repertorio che brani realizzati assieme al gruppo musicale. Vengono proposte composizioni di autori piuttosto noti del nostro tempo, che trattano il tema della guerra, andando da Sting a Mark Knopfler, a Peter Gabriel, Leonard Cohen, Bob Dylan ed altri ancora. C’è poi un piano narrativo più strettamente teatrale, con dialoghi scritti da Micaela Vettori. In scena sono presenti due attori ad interpretare un nonno e una nipote. Nonno e nipote costituiscono la chiave narrativa attraverso cui ricollegare quanto accaduto cento anni fa con il presente, con l’attualità. Infine c’è la parte molto importante che riguarda le riprese video. Tutto ciò che è immagine è sempre sincronizzato con le musiche e musica e immagine insieme, si sa, hanno grande forza dal punto di vista comunicativo e sono di grande impatto.

Che relazioni con il territorio si sono avute per la realizzazione di questo progetto?

In primo luogo la relazione con il territorio stesso. Infatti alcune riprese sono state proprio girate sul territorio della Vallarsa ed anche all’interno del Forte di Pozzacchio. Importante è stato inoltre il rapporto con Fiorenza Aste e con il festival che lei rappresenta, Tra le Rocce e il Cielo. Abbiamo poi collaborato con il Coro Pasubio diretto da Ivan Cobbe e con la scuola elementare. La scuola elementare e i bambini che la frequentano sono uno dei passaggi chiave della narrazione. I bambini rappresentano il futuro ed è fondamentale che per il futuro venga sempre salvaguardata la memoria.  Lo spettacolo vuole infatti porre l’attenzione sulla la necessità di non dimenticare, continuare a ricordare quanto accaduto per cercare di farne tesoro, impegnandosi a promuovere costantemente il valore della convivenza pacifica tra uomini e popoli.

I CROCEVIA DELLE COSCIENZE, Storia di un disertore - diretto da Paolo Fanini, testi di Micaela Vettori – andrà in scena a Forte Pozacchio venerdì 14 agosto 2015 – in versione appositamente progettata per gli spazi del Forte – e alla Campana dei Caduti domenica 23 agosto 2015 .

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